In quanto uomo, m'impegno ad affrontare il rischio dell'annientamento perché due o tre verità gettino sul mondo
la loro luce essenziale (Frantz Fanon)

mercoledì 31 ottobre 2012

Perché si raccontano le bugie? Analisi del voto siciliano

In occasione delle recentissime elezioni regionali siciliane, il segretario PD Bersani ha parlato di "risultato storico".
Vediamolo nei dettagli:
il PARTITO DEMOCRATICO passa dal 18,8% del 2008, al 13,4. Perde dunque ben 5,4 punti di percentuale.
Ma il calo è ancora più vistoso in termini assoluti, in queste elezioni, infatti il PD ha ricevuto 257.274 voti. Nel 2008 i voti erano 505.420. Il partito democratico, dunque, ha perso per strada il 50% del suo elettorato.
I nostalgici della DC in seno al PD si sono affrettati a precisare che il risultato è da definirsi storico, perché dimostra che il PD, solo alleandosi con il centro di Casini, vince.
Naturalmente anche questa è una panzana, infatti l'attuale alleanza PD-UDC, registra un risultato complessivo del 30,5%, cioè la stessa percentuale raggiunta nel 2008 dall'alleanza di sinistra che sosteneva Anna Finocchiaro, ma le cifre cambiano in termini assoluti.
Infatti i sostenitori di Crocetta collezionano in tutto 583.547 voti, mentre i partiti che sostenevano la Finocchiaro, ne avevano ricevuti 770.059. Gli alleati di allora del PD, avevano dunque portato alla coalizione 264.639 voti, contributo comunque superiore, seppur di poco, a quello attuale dell'UDC (207.827).
I dati dimostrano comunque un'evidenza: è il PD che perde vistosamente voti e li fa perdere a chi si allea con lui (l'UDC perde 128.999 voti, un terzo circa del suo elettorato).
Ma se i voti persi dall'UDC possono passare al centro-destra (non dimentichiamo che le due maggiori formazioni di questo schieramento raccolgono un complessivo 41%), quelli negati alla svolta moderata del PD finiscono a Grillo o nell'astensione.
Questa sirena, in un clima di generale scoraggiamento, seduce certo anche una parte dell'elettorato di estrema sinistra, ma in misura minore. Infatti, malgrado il balzo astensionista e il boom di Grillo, la coalizione dell'estrema sinistra e l'Italia dei Valori, raggranellano insieme 126.491 voti, contro i 180.939 del 2008, mantenendosi stabile sul piano percentuale (6,6, il risultato è comunque dovuto sostanzialmente al balzo in avanti dell'IDV, trascinata dal recente successo di Leoluca Orlando).
Queste le cifre, a fronte delle quali, ovunque, si sostiene:
- che il PD vince, mentre arretra sia in termini assoluti che in percentuale;
- che tale supposta vittoria sia determinata dall'alleanza con l'UDC, che in realtà non aggiunge un voto, rispetto ai risultati precedenti, e perde del suo;
- che il centro-destra sia ormai residuale, mentre ha ancora risultati globalmente migliori del centro+centro-sinistra;
- che la sinistra sia ormai fuori gioco, mentre in realtà è stabile e la sua residua forza elettorale non smotta sul versante protestatario di Grillo, a differenza di quanto accadde a una parte dell'elettorato PCI, ai tempi dell'esordio della Lega.
Perché mai il sistema dei partiti (centro-destra compreso, che - pesce in barile - fa finta di dare per scontata la propria fine) e la grande stampa, da sempre asservita ai poteri forti della finanza e dell'industria, raccontino balle è facile da spiegarsi:
- i centri di decisione politica non risiedono più nelle istituzioni della democrazia, surrogate dalle tecnocrazie UE, a loro volta subalterne ai luoghi transnazionali di elaborazione strategica (Bildenberg & Co.);
- in questo contesto il governo dei tecnici non è stata un'eccezione dettata da emergenze, ma un momento pedagogico, funzionale alla trasformazione di tutta la politica in tecnica;
- ne consegue la trasformazione dei politici in grand commis del potere finanziario, cioè di funzionari la cui appartenenza a questo o a quello schieramento, poco importa, mentre conta, invece, la loro affidabilità, cioè la loro docilità alla volontà davvero sovrana. Essi sono pertanto perfettamente intercambiabili e pronti a reciproca collaborazione.
- in questa prospettiva sono auspicabili schieramenti anodini, che si ammassino al centro, ed altrettanto ambigui risultati elettorali;
- resta debolmente preferibile - nell'eventualità di una militarizzazione del conflitto sociale - l'affermazione di uno schieramento anche solo virtualmente ricollegabile alla sinistra, che renderebbe più difficile un'immediata catalizzazione della reazione popolare;
- a tal fine le organizzazioni più opportuniste della sinistra sono incentivate a presentarsi, come utili idioti, in coalizione col PD, e la lettura capziosa dei risultati elettorali serve a fornir loro un accettabile alibi.
Questa, la lettura corretta di un risultato che storico non è, ma che può essere foriero di svolte per davvero, e tragicamente, storiche.  


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